SELF DEFENCE
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Delaire The Liar – SELF DEFENCE

An overnight stay in the hospital honeymoon suite

Cosa saremmo disposti a fare pur di sopravvivere? Fino a che punto ci spingeremmo? Per amore, per orgoglio, o forse per senso del dovere? E magari non solo per noi stessi, ma per i nostri cari. A volte si pensa che sia tutto giustificato quando è la vita ad essere in gioco, quando ci si trova a doversi difendere; ma se così non fosse? A scandagliare le oscure acque che sommergono questi scenari ci ha pensato un trio emergente di Londra, i Delaire The Liar, con il loro terzo EP, “SELF DEFENCE”.

Con l’aiuto dell’etichetta adatta (Rude Records) e il mixaggio di un’altra figura della scena emergente anglosassone (Kel Pinchin dei Modern Error), il gruppo composto da Ffin Colley (voce, chitarra), Em Lodge (basso) e Chaz Tomlinson (batteria) affina le proprie abilità e fa un passo in avanti con questo piccolo lavoro autoprodotto.

“angel number.” si apre con una chitarra e la voce femminile di Lodge, entrambe di una fragilità disarmante. Ed è solo l’inizio di un brano con una dinamica alle stelle, grazie ai groove di batteria in costante evoluzione e a parti di chitarra cucite su misura perfettamente. Il cambio di voce nel bridge, quando il pezzo si fa più aggressivo, è azzeccatissimo: la voce di Colley comunica più disperazione, per quanto sia calda come quella del connazionale Conor Mason. Lodge torna al microfono per l’ultimo ritornello, ricco di sincopi e dettagli che alzano la tensione, prima di rilasciarla nel finale, dove a voce e chitarra si aggiungono dei cori onirici, a sottolineare la tragicità del racconto: una donna che ha ucciso il marito e che rifiuta qualsiasi altra possibilità di essere amata, finendo per soffrire in solitudine per paura di rischiare.

“bite trap.” ricorda molto il post-hardcore/emo che dilagava tra gli anni 2000 e gli anni 2010, tuttavia il brano ha una sua personalità. Qui i londinesi ci parlano di un incontro sbagliato, di una trappola infatti, e delle difficoltà che ne conseguono pur di sfuggire. Colley qui può mostrarci tutto ciò di cui è capace, tra acuti in perfetto stile emo e varie linee sporche che rendono l’idea dello scontro, della disperazione del protagonista. Il bridge è la rivelazione: un breakdown per nulla prevedibile, strumentalmente dalle tonalità scure ma vocalmente molto contenuto. Un momento di respiro prima del gran finale: un esplosivo ritornello in mid-tempo.

“all your labour.” guarda attentamente al lavoro oltreoceano della Emo Trinity (My Chemical Romance in particolare) e cerca di renderlo proprio, questa volta non riuscendo del tutto. Il trio rimane abbastanza all’interno dei canoni e non ci offre nulla di sbalorditivo stavolta, pur offrendoci un brano assolutamente orecchiabile.

“forebodies.” è invece la strizzata d’occhiolino al metal, con un riff in accordatura bassa che procede in poliritmia e in generale una certa attitudine per tutto il resto del pezzo. Quest’ultima disavventura ambientata sulla scena di un crimine è certamente il culmine dell’EP, colpisce i timpani dell’ascoltatore dall’inizio alla fine. Il trio è inarrestabile, mostra tutto ciò che ha prima di chiudere le danze con un colpo secco di batteria.

La scena post-hardcore, per quanto satura più che mai, dimostra di avere ancora qualche asso nascosto nella manica: ma si tratta della manica più di nicchia? È necessario scavare tra gli artisti così sconosciuti per trovare una voce autentica in mezzo al coro? Il lato positivo è che i Delaire The Liar portano a casa un ottimo risultato con “SELF DEFENCE” e forse, dopo 5 anni di attività, svariati singoli ed EP, è giunta l’ora di produrre un album, per vedere se sanno reggere il gioco per più di 15 minuti.

Tracklist

01. angel number.
02. bite trap.
03. all your labour.
04. forebodies.

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