Fine settembre appagante per coloro che amano le sfumature varie dell’estremo.
Ars Veneficium – The Lurking Shadow Of Death (Immortal Frost Productions)
Sia “The Reign Of Infernal King” (2016) sia “Usurpation Of The Seven” (2020), pur restando degli album di buona caratura professionale, non avevano prodotto quelle reazioni entusiastiche che spesso accompagnano le release dell’underground di area fiamminga. Questa volta, però, il nuovo album degli Ars Veneficium, ovvero “The Lurking Shadow Of Death”, mostra dei progressi compositivi tali che trascurarne l’ascolto potrebbe provocare inenarrabili sensi di colpa. Merito soprattutto del mastermind e chitarrista René Thuys, che decide di spostare il sound della band belga verso i territori cari agli Antzaat, uno dei suoi progetti paralleli insieme a Blodemaas e Ronarg. Un black metal, dunque, di matrice finnico-svedese, nel quale il chitarrista belga riesce a disegnare fini e accattivanti melodie all’interno di un contesto che alterna up-tempo assassini a brani dalla cadenza più letargica, un approccio molto mobile retto dalla dinamica batteria del session drummer austriaco Florian Musil (Agrypnie, The Negative Bias, Theotoxin). La versatile voce del bassista S. e due ospiti al microfono come Nornagest dgli Enthroned e Anders Storkirk dei Necrophobic aggiungono un sostanzioso quid che rende tale lavoro il migliore della decennale carriera della formazione delle Fiandre. Da ascoltare senza indugi.
Tracce consigliate: “Death Is Light”, “Eye To Eye With The Devil”, “My Tomb Under The Stars”
Blood Incantation – Absolute Elsewhere (Century Media Records)
Dopo il fulminante esordio “Starspawn” (2016) e il successo di “Hidden History Of The Human Race” (2019), i Blood Incantation sorpresero i propri estimatori rilasciando, ventiquattro mesi fa, un EP di ambient onirica e spaziale come “Timewave Zero”. Certo, già prima di allora, gli statunitensi avevano palesato influenze di varia tipologia provenienti dal cotè più sperimentale dei ’60 e ’70, ma senza mai tradire, pur personalizzandolo, il Verbo del death metal a stelle e strisce di metà anni ’90. Il quartetto di Denver, ora, si dedica alla pubblicazione di “Absolute Elsewhere”, nuovo full-length che già dal titolo, tratto dal bizzarro progetto sci-fi dell’ex batterista dei King Crimson Paul Fishman, rivela intenzioni d’avanguardia a questo punto parte inscindibile del loro DNA. Nella biodiversità delle due tracce di venti minuti ciascuna trovano posto il metallo della morte, il krautrock, la psichedelia, il progressive, lo space synth, per una scrittura fluida e coesa, che riesce a travasare l’estremo nel vaso lunare della kosmische musik, unendo così in matrimonio, anche grazie alla collaborazione di Tangerine Dream e Hällas, Klaus Schülze e i Morbid Angel. Un suggestivo e trasversale viaggio nei paesaggi filosofici extraterrestri, da suggere eliminando il malevolo filtro dei pregiudizi mentali e uditivi.
Tracce consigliate: “The Stargate”, “The Message”
Coffin Rot – Dreams Of The Disturbed (Maggot Stomp)
Nonostante cadenze di pubblicazione piuttosto intense, tra live album, split e compilation, sono stati necessari cinque lunghi anni ai Coffin Rot per partorire il successore del buon debutto “A Monument To The Dead”. Bisogna sottolineare come la scrittura delle otto canzoni del nuovo “Dreams Of The Disturbed” veda l’apporto del messicano Jonathan Quintana, chitarrista attivo in Decrepisy, Grave Dust, Hell Strike, Ritual Necromancy, Thanamagus e turnista live per gli Ascended Dead. Un acquisto provvidenziale, che consente alla band di Portland di aggiungere tecnica esecutiva e solismi melodici a un sound generale che cerca di convogliare l’amore per Autopsy, Cannibal Corpse e Death nel quadro di un metallo della morte moderno e dall’approccio ritmico più groovy, stile di cui gli Skeletal Remains rappresentano, oggi, gli artefici massimi. Un secondo disco, nel complesso, di ottima fattura, figlio anche del lavoro di incisione di Charles Koryn e, in fase di mixaggio e mastering, della competenza di Damian Herring degli Horrendous, combinazione in grado di conferire alla tracklist un taglio rotondo e dinamico, pur sacrificando qualcosa a livello di carattere e schiettezza rispetto all’esordio. Una mezzoretta e rotti, comunque, che trascorre in fretta, per un full-length spassoso e intelligentemente brutale.
Tracce consigliate: “Slaughtered Like Swine”, “Perverted Exhumation”, “Hands Of Death”
Diablation – Irrévérence (Osmose Productions)
Dopo la militanza nei Seth, in cui rimase al microfono sino al 2001, Vicomte Vampyr Akrames, lo scorso agosto protagonista dell’esordio dei Gravenoire, decise di formare, con il chitarrista e tastierista V. Orias A., gli Ad Inferna, band di metallo nero poi trasformatasi in un progetto electro/industrial a sfondo sadomaso. Nel 2020, forse desiderosi di tornare agli albori, la coppia di musicisti francesi decise di dar vita ai Diablation, autori di un paio di platter, “Allégeance” (2021) e “Par Le Fleu” (2023), magari non originalissimi, ma piacevolmente “classici” nella loro declinazione, con, a corredo, qualche clangore sperimentale di origine sintetica. Con due nuovi membri a sostenere le imprese del gruppo, ovvero IX, il drummer degli Eradikal Insane, e il bassista dei Bâ’a Maximilien B., i galletti rilasciano un terzo album in studio, “Irrévérence”, che prosegue pressoché in toto il discorso degli scorsi lavori, proponendo un symphonic black metal dai toni claustrofobici e marziali, tanto martellante quanto doloroso nella sua consegna. Imperniato sul racconto di un futuro immaginario nel quale si cerca di costruire un mondo diverso dall’attuale, il disco è capace di evocare quell’inevitabile sofferenza che accompagna, a ogni livello, le trasformazioni definitive. Una tensione che non prevede soluzioni effimere.
Tracce consigliate: “Eternel”, “Chrysanthèmes Au Nouveau Monde”, “Le Dernier Roi”
Kanonenfieber – Die Urkatastrophe (Century Media Records)
Nata nel 2020 a Bamberga, una piccola cittadina della Germania meridionale, la one man band Kanonenfieber vede al timone di comando Noise, polistrumentista che, dopo la lettura delle memorie del bisnonno, un reduce della Grande Guerra, decise di rendergli omaggio attraverso un progetto musicale a tema. Il full-length “Menschenmühle” (2021) ebbe uno straordinario impatto sull’underground europeo, vibrazioni positive ulteriormente confermate dal nuovo “Die Urkatastrophe”, nel quale il mastermind bavarese continua, in lingua madre, l’esplorazione degli orrori del primo conflitto mondiale, dedicando ciascuna delle dodici canzoni a uno specifico corpo d’armata. Se il debutto si concentrava soprattutto su un melodic death metal cosparso di black, hardcore e crust, questo secondo opus presenta sia una maggiore insistenza sulla componente nera, come testimonia il frequente ricorso al tremolo, sia una spiccata tendenza all’elaborazioni di live anthem ricchi di pathos epico e orecchiabilità. Un album arrembante, dunque, che alterna cupi mid-tempo a scariche di violenza mai prive di una certa rotondità, una rotazione già vista nell’esordio, ma ancora capace di funzionare alla grande, consolidando l’ossatura di una proposta davvero originale, accostabile, forse, soltanto alle operazioni belliche degli ucraini 1914. Boom!
Tracce consigliate: “Menschenmühle”, “Waffenbrüder”, “Ausblutungsschlacht”