Sotto un sole fine agostano che ancora scotta, l’oscuro prolifera imperterrito.

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Cruel Force – Dawn Of The Axe (Shadow Kingdom Records)

Tra il 2010 e il 2011 i Cruel Force pubblicarono “The Rise Of Satanic Might” e “Under The Sign Of The Moon”, due ottimi LP nei quali la band riversava tutto il proprio amore per gli anni ’80, amalgamando Bathory, Celtic Frost, Destruction, Kreator, Motörhead, Possessed, Slayer, Sodom, Venom, in un vortice letale di blackened thrash oggi oggetto di un revival dai numeri incredibili. Nonostante un positivo riscontro a livello underground, il gruppo cessò improvvisamente di esistere e sembrava destinato a non risuscitare; tuttavia, dopo un decennio di assenza abbondante, nel 2022 i tedeschi sono tornati con un singolo inedito, presagio del rilascio del loro terzo parto in studio, “Dawn Of The Axe”. Benché non si discosti troppo dal mélange extreme dei suoi predecessori, il nuovo lavoro dei quattro teutonici ci conduce spesso e volentieri dalle parti dell’heavy classico e dello speed metal, tanto che si avverte una presenza decisamente più massiccia di Agent Steel, Black Sabbath, Iron Maiden e primissimi Metallica. Anche la voce del singer Carnivore ha un carattere un po’ meno rauco e selvaggio rispetto al passato, per un album dalla produzione intenzionalmente rétro e che non disdegna altresì di inserire soluzioni melodiche di matrice hard rock, sempre e comunque nell’alveo di un’atmosfera nerastra da furioso sabba chiodato. Divertimento assicurato, all’insegna dell’old is better than new.

Tracce consigliate: “At The Dawn Of The Axe”, “Death Rides The Sky”, “Accross The Styx”

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Deströyer 666 – To The Devil His Due (Season Of Mist)

Durante la loro lunga carriera, iniziata nel lontano 1994, i Deströyer 666 hanno diffuso sei full-length e altrettanti EP, con il succoso surplus, nel 2010, di una compilation, “To The Devils Is Due”, pubblicata esclusivamente su vinile, formato che allora ancora non conosceva il boom di ritorno attuale. Se aggiungiamo, poi, che trattavasi di un’edizione in tiratura limitata, ci si può rendere facilmente conto della difficile reperibilità di quella selezione, a meno di vendere la propria auto per procurasene una copia su eBay o simile consorteria d’aste. La maggior parte degli appassionati dell’oggi quartetto internazionale, eccetto forse i downloader seriali, gradiranno, dunque, la meritoria ristampa della suddetta raccolta a opera della Season Of Mist, che mette ora a loro disposizione, su vari supporti, un album da considerarsi per certi versi perduto, appannaggio, all’epoca, dei soli collezionisti. Certo, lasciare integra la medesima cover dell’originale e non inserire ulteriori brani, neanche qualche vecchia pepita semi-inedita, non pare una scelta così saggia, ma si apprezza l’opportunità di ascoltare dodici anni di evoluzione sonora, dal black/thrash grezzo e demoniaco di fine ’90 alle sofisticatezze melodiche e produttive a cavallo del rilascio di “Defiance” (2009). Il disco perfetto sia per gli affezionati di lunga data sia per coloro che non conoscono l’universo blasfemo della creatura dell’inossidabile lupo/canguro K.K. Warslut.

Tracce consigliate: “Satanic Speed Metal”, “Kings Of Kings”, “See You In Hell”

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Grand Cadaver – Deities Of Deathlike Sleep (Majestic Mountain Record)

Quando cinque musicisti svedesi desiderano avviare un progetto death vecchia scuola, probabilmente la notizia, in una nazione nella quale le band metal prosperano come funghi, passerebbe quasi del tutto inosservata. Se gli attori in gioco, però, rispondono ai nomi di Mikael Stanne, Stefan Lagergren, Alex Stjernfeld  Christian Janssen e Daniel Liljekvist, ovvero alcuni degli esponenti più in vista della variegata scena estrema locale (Child, Dark Tranquillity, Katatonia, Novarupta, Pagandom, Tiamat), la soglia dell’attenzione si alza rapidamente. Formatisi nel 2020 sfruttando la clausura del lockdown, i Grand Cadaver pubblicarono nel 2021 sia l’EP “Madness Come” sia l’esordio sulla lunga distanza “Into The Maw Of Death”, realizzando una piacevole combo, destinata agli amatori di una proposta viscerale e genuina, a cavallo tra gli Entombed di “Wolverine Blues” e il thrash più arcaico e corrosivo. Nel nuovo “Deities Of Deathlike Sleep”, l’act all star scandinavo prosegue sì il discorso intavolato con l’esordio, proponendosi come l’altra faccia dei conterranei Bloodbath, da cui divergono per un maggiore utilizzo della componente melodica, ma ne arricchiscono le trame con suggestioni atmosferiche e vespertine e ritornelli al limite dell’orecchiabile. Certo, la produzione terrosa, l’utilizzo dell’HM-2, una sezione ritmica schiacciasassi, l’assenza di voci pulite, restano elementi fondamentali, eppure il sound complessivo del full-length sembra spostarsi in territori decisamente meno prevedibili: la ricetta perfetta di un pugno di amici smanioso di andare oltre l’estemporanea natura di supergruppo. Alla prossima!

Tracce consigliate: “The Wishful Dead”, “Serrated Jaws”, “True Necrogeny”

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Incantation – Unholy Deification (Relapse Records)

John McEntee guida la nave maledetta degli Incantation dal lontano 1989, tenendo duro di fronte agli innumerevoli cambi di formazione che ne caratterizzano da sempre la storia discografica, iniziata nel 1992 con il meravigliosamente blasfemo “Onward To Golgotha”. Dopo una parte centrale di percorso buono, ma non eccezionale, gli statunitensi, da “Vanguish In Vengenace” (2012) in poi, hanno ricominciato a macinare album di ottima fattura, con “Sect Of Vile Divinities” (2020) che rappresenta un po’ il picco qualitativo di quest’appendice di carriera. Con “Unholy Deification”, la band nordamericana aggiunge sulle proprie spalline un tredicesimo sigillo che ripropone quella classica miscela di death tossico e doom cavernoso da sempre suo marchio indelebile, benché lo scorso lavoro, dalla produzione più pulita del consueto, adombrava un’orecchiabilità quasi traditrice, capace di generare qualche mugugno di disapprovazione. Il nuovo disco, invece, inclina verso un metallo della morte spietato e maligno, dalle melodie atonali e dal taglio vintage, con le sezioni lente e catramose deputate a spezzare ogni tanto il ritmo di un lotto per la maggior parte aggressivo, bilioso e, soprattutto, anticristiano sino al midollo, grazie alla fine penna occulta del bassista Chuck Sherwood. Il lavoro in cabina di regia predilige una via di mezzo tra l’anomala pulizia dell’ultimo LP e il marciume di un “Mortal Throne Of Nazarene” (1994), in modo tale che la fuliggine abominevole delle asce possa emergere nitida e aguzza, accanto al suono omicida di una sezione ritmica a dir poco devastante. Brutti, sporchi e cattivi: lunga vita a una delle leggende della musica estrema.

Tracce consigliate: “Concordat (The Pact) I”, “Homunculus (Spirit Made Flesh) IX”, “Circle (Eye Of Ascension) VII”

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Rotten Casket – Zombicron (Supreme Chaos Records)

C’è stato un momento, negli ultimi dieci anni, durante il quale Martin Van Drunen cantava contemporaneamente in tre formazioni, Asphyx, Grand Supreme Court e Hail Of Bullets, che tra loro tendevano a differire di poco, soprattutto a causa del medesimo uomo dietro il microfono. Con il passare del tempo, la notevole diminuzione degli impegni artistici ha permesso all’eccezionale e simpatico singer di Enschede di dedicarsi, assieme al fido compagno e batterista Stefan “Husky” Hüskens, allo sfizioso progetto tedesco/olandese a nome Rotten Casket, nelle cui fila compaiono anche Yorck Segatz, attuale ascia dei Sodom, e Patrick Van Der Beek, basso nei Disabuse. In realtà, la band, fondata da Frank Bergossen, unico membro originario ancora presente, esiste addirittura dal 2013, ma dopo cinque anni di attività, riempiti da un paio di EP e da una compilation, i musicisti coinvolti, di comune accordo, decisero di prendersi una pausa, forse definitiva. La clausura imposta dalla pandemia, però, ha giocato un ruolo decisivo per il ritorno della formazione, battezzato dal mini “First Nail In The Casket” (2022), inciso con una line-up nuova per quattro quinti e oggi protagonista del full-length d’esordio “Zombicron”. Un disco death arrogante come il vecchio “The Rack”, ma parente morboso della scuola svedese di Entombed e Dismember, tanto versatile quanto spassoso, supportato da testi dalla fisionomia gore che non degenerano mai nell’adolescenziale e da una passione per l’estremo sempre pronta a infiammarsi a ogni minimo giro di chitarra: bravi!

Tracce consigliate: “Hunting Down The Last Living”, “Human Farm”, “Mass Conzombtion Society”

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