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Ihsahn – Ihsahn

Facciamo un gioco: provate a richiamare alla memoria una band di grande caratura in cui, da un certo momento in poi, uno dei membri è fuoriuscito per inseguire la propria carriera solista. Bruce Dickinson con gli Iron Maiden, Rob Halford con i Judas Priest, Max Cavalera con i suoi tanti progetti paralleli; come vedete gli esempi non mancano di certo, ma in quante occasioni il materiale solista è stato allo stesso livello di quello creato insieme al gruppo di appartenenza? Il cerchio si stringe, e neanche di poco. Rimanendo nei confini del metal, gli artisti capaci di eguagliare (se non superare) quanto prodotto nei loro precedenti progetti musicali sono pochissimi. I primi che ci vengono in mente sono King Diamond, Devin Townsend e Vegard Sverre Tveitan, in arte Ihsahn.

A partire dal 2006, il musicista norvegese ha praticamente sfornato un album ogni due anni, mantenendo sempre standard altissimi, facendo attenzione a non ripetersi praticamente mai e osando lì dove neanche le aquile osano. Questo ottavo disco, intitolato semplicemente “Ihsahn“, ci viene presentato come il lavoro in studio più complesso e stratificato mai sviluppato dal compositore norvegese, pubblicato in una duplice veste: una “standard” ed un’altra solo orchestrale.

Il musicista ci aveva già confessato la sua passione per la composizione classica (potete recuperare l’intervista completa cliccando qui), spiegandoci quanto forte fosse il suo desiderio di creare una colonna sonora immaginaria, in cui l’ascoltatore potesse immaginare le azioni del protagonista tramite la musica.

“Cervus Venator” è l’intro perfetta per introdurci in un lavoro cupo e dalla fortissima vena sinfonica ed orchestrale, che trova il suo primo sfogo nell’avanguardistica “The Promethean Spark”; il pezzo mostra tanto influenze black metal che post black metal, sfoggiando progressioni ritmiche e melodie stranianti che ci spingono in territori quasi avanguardistici. “Pilgrimage to Oblivion” presenta un approccio molto più aggressivo, di chiara matrice black, con blast beat a manetta e con Ihsahn che sfoggia tutta l’aggressività del suo scream. L’arrangiamento orchestrale, tuttavia, rimane il valore aggiunto dell’album, richiamando non poco lo stile degli Emperor.

Il già menzionato arrangiamento orchestrale fa nuovamente sentire la sua presenza in “Twice Born”, giocando un ruolo fondamentale nella sezione ritmica del brano, che risulta tanto straniante all’orecchio di chi ascolta Ihsahn per la prima volta, quanto calzante per chi ha già familiarità con il suo repertorio solista. Il disco presenta una netta predominanza dello scream sul cantato pulito e “A Taste of the Ambrosia” non fa che confermare questa constatazione. Il pezzo parte sfoggiando melodie e ritmiche quasi doom, per poi sfoggiare sonorità wagneriane, che ricordano non poco “Una notte sul Monte Calvo” di Musorgskij. Se “Anima Extraneae” ci concede una breve pausa melodica tra il sognante e l’oscuro, “Blood Trails To Love” sfoggia il lato più progressive di Ihsahn, con tanto di poliritmie e melodie cangianti, sfociando in un ritornello malinconico e capace di stamparsi nella mente dell’ascoltatore, grazie alle tonalità medie della voce del compositore norvegese.

Avete presente quando, in apertura, abbiamo detto che ci sono territori in cui neanche le aquile osano spingersi? Ebbene, noi non abbiamo idea di quali caratteristiche abbiano, ma “Hubris and Blue Devils” ci aiuta a tracciarne i confini. Ci troviamo davanti al pezzo più avanguardistico dell’album, con armonizzazioni stranianti che sfociano nel blast beat più selvaggio; non manca l’approccio sinfonico, ma senza mai perdere la verve progressive che permea un po’ tutto il disco. La sensazione è quella di trovarsi all’interno di un labirinto: non appena si ha la sensazione di essere vicini all’uscita, ci si trova in un vicolo cieco, con un muro sonoro che sbarra la strada e fa aumentare in noi il senso di disorientamento. Quanto ora descritto è ciò che si prova all’ascolto del già menzionato “Hubris and Blue Devils” e del successivo “The Distance Between Us”.

Se i due pezzi citati hanno dato sfogo alla complessità del disco, “At the Heart of all Things Broken” rappresenta il lato più cangiante ed istrionico della mente di Ihsahn: inizio da ballad, per poi virare su arpeggi via via più oscuri, con una vocalità tra il suadente ed il misterioso. Tutto questo sembra quasi il preludio di qualcosa che, di qui a breve, impatterà sui nostri timpani e che, puntualmente, impatta. Si tratta del pezzo più lungo del disco, capace di alternare lo scream fasi più estreme ad altre più “rilassate”, in cui il fondatore degli Emperor può dare libero sfogo a tutta la sua vocalità.

Le note di “Sonata Profana” ci accompagnano alla conclusione di un disco che, è bene sottolinearlo, mantiene intatto il suo fascino anche nella sua versione orchestrale; anzi, l’assenza di distorsioni, scream e percussioni non solo fa apprezzare l’altissima qualità degli arrangiamenti, ma aumenta il livello di fascinazione e disagio nell’ascoltatore, dando ancora di più la sensazione di essere in presenza di una colonna sonora.

Alla fine della fiera, non possiamo che concordare con Ihsahn: siamo in presenza del suo lavoro più complesso e stratificato, capace di catturare con le sue atmosfere cangianti e le sue mille influenze, che necessitano di più ascolti per essere metabolizzate. “Ihsahn” è come un vino pregiato: necessita del giusto tempo per decantare, per essere assaporato e decifrato in ognuno dei suoi tanti, tantissimi aspetti, ma questa è la caratteristica di tutte le grandi opere dell’ingegno. Ancora una volta il compositore norvegese ha alzato la famosa asticella, espandendo ancora una volta i suoi orizzonti musicali e regalandoci un album con pochissimi eguali, di quelli che non possono non essere premiati con il massimo dei voti.

Del futuro, si sa, non v’è certezza, ma una consapevolezza c’è: solo Ihsahn può superare “Ihsahn”.

Tracklist

01. Cervus Venator
02. The Promethean Spark
03. Pilgrimage to Oblivion
04. Twice Born
05. A Taste of the Ambrosia
06. Anima Extraneae
07. Blood Trails To Love
08. Hubris and Blue Devils
09. The Distance Between Us
10. At The Heart of All Things Broken
11. Sonata Profana

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