Il sangue scorre anche a Ferragosto per questo settantacinquesimo appuntamento oscuro.

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Crypta – Shades Of Sorrow (Napalm Records)

Mettendo da parte le beghe e i dissapori con le cugine Nervosa, bisogna ammettere come il confronto tra quest’ultime e le Crypta giochi, almeno per ora, a favore della band delle due transfughe, la leader, vocalist e bassista Fernanda Lira e la batterista Luana Dametto. Se “Echoes Of The Soul” (2021) rappresentava poco più di un dignitoso debutto, questo “Shades Of Sorrow” mostra un deciso passo avanti nella giovane carriera del quartetto brasiliano, benché, chiaramente, non ci si trovi dinanzi a un album a cinque stelle. Gettate a mare le radici thrash delle fondatrici, che ancora, seppur sporadicamente, permeavano l’esordio, il nuovo platter offre un death metal vecchia maniera incisivo e accattivante, ispirato soprattutto alla scuola floridiana di Deicide e Monstrosity e al groove dei Bolt Thrower, ma altresì beneficiando di assoli melodici di scuola svedese e di forti sfumature black nei momenti più tirati. Il fatto che, questa volta, la Lira si sia spartita la scrittura delle canzoni con l’ascia solista Tainá Bergamaschi, ha avuto un’influenza molto positiva sull’esito complessivo, al pari del reclutamento della seconda chitarrista Jessica Falchi, decisamente un upgrade in termini di professionalità rispetto all’ex Burning Witches Sonia Anubis. Certo, il timbro della singer, malgrado registri un discreto progresso, resta ancora settato sul prevedibile e il lavoro alla sezione ritmica appare a tratti ancora un po’ sterile, ma il disco si lascia ascoltare volentieri, regalando al gruppo una meritata credibilità in ambito estremo. Brave!

Tracce consigliate: “Dark Clouds”, “Trial Of Traitors”, “Lord Of Ruins”

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Körgull The Exterminator – Built To Kill (Xtreem Music)

Gli iberici Körgull The Exterminator sono in circolazione da diciassette primavere, un’impresa non da poco per una band il cui primo, divertente album, “Dogs Of War” (2009), sembrava inciso sui nastri  di un Talkboy arrotolato dall’interno di un tappeto polveroso e posto tra le macerie di un garage antidiluviano. Anche se all’apparenza così squinternato, l’esordio degli spagnoli possedeva quella spinta, quella malvagità arcaica, quella frenesia, che soltanto gli ergastolani macchiatisi di orrendi delitti e rinchiusi nel braccio della morte possono vantare. Nel prosieguo della carriera, il vocalist Lilith Necrobitch, il chitarrista Mark Wild e il drummer Joe Bastard, nucleo stabile del gruppo sin dalle origini e oggi accompagnato dai due Decapitated Christ Ghorth e César Valladares, rispettivamente seconda ascia e basso, non hanno fatto altro che affinare la formula di un thrash/black primordiale, carico di putredine e sostanze tossiche, fregandosene del commerciale e di una pur minima ricerca sperimentale. Il presente “Built To Kill” centrifuga gli amatissimi Voïvod di “War And Pain” (1984) e “Rrröööaaarr” (1986), le imprese teutoniche di Sodom, Destruction e Kreator, le nefandezze del metallo nero first wave, l’anarchia extreme dei coetanei Deathhammer e lo speed infernale di Hellripper e Midnight, suonando fresco e sincero nonostante lo stile dominante resti il medesimo da sempre. Un sesto disco, dunque, che cattura il meglio dell’estremo degli anni ’80 e lo riversa nel contemporaneo ammiccando all’opera di riesumazione delle nuove leve, per un viaggio musicale dai colori grigio-vermigli, da compiere muniti di elmo di latta, guanti d’acciaio e bombola a gas nervino, con il boccaglio saldato direttamente alla trachea. E al cervello, naturalmente.

Tracce consigliate: “Existential Risk”, “The Nine Circles Of Hell”, “Exterminator”

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Runespell – Shores Of Náströnd (Iron Bonehead Productions)

In giro dal 2017, ma dotata di una prolificità discografica che rimanda immediatamente al connazionale Azgorh e al suo solo-project Drownnig The Light, la one man band australiana Runespell giunge, con “Shores Of Náströnd”, al quinto full-length in studio, a cui vanno aggiunti lo split in compagnia dei Forest Mysticism e il mini di un anno orsono “Sentinels Of Time”. A questo giro, però, il cervello e cuore della band Nightwolf ha preferito circondarsi di due musicisti in carne e ossa, ovvero il batterista Basilysk, ex drummer dei Nazxul e oggi attivo in numerose entità locali (Pestilential Shadows e Temple Nightside su tutte), e il tastierista tedesco Irrwytch (Baxaxaxa, Grabunhold). L’espansione della line-up, però, non ha provocato grosse mutazioni stilistiche né scossoni di altra sorta in seno alla formazione, visto che le sei canzoni deputate a esplorare le coste di Niflheim, il luogo della mitologia norrena dove giace la nave della morte Naglfar, si fanno veicolo di quel pagan black metal mistico e ammaliante che conosciamo dai tempi del debutto “Unhallowed Blood Oath”. Tuttavia, la scrittura solenne dello scorso EP è servita da ponte al fine di approfondire la natura bathoryana del nuovo opus, con i riflessivi passaggi acustici che appaiono meglio integrati nell’insieme e una produzione decisamente superiore rispetto alle abitudini, tanto da suonare persino troppo “pulita” per il genere. In ogni caso, davvero un ottimo lavoro, per gentile concessione della sempre vigile Iron Bonehead Productions.

Tracklist: “Mirrors Of The Dead”, “Spectres Of War”, “Vigirdr Fields”

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The Rite – The Astral Gloom (Iron Bonehead Productions)

Una volta rodato il motore per mezzo dell’EP “The Brocken Fires” (2018), i The Rite esordirono sulla lunga distanza con “Liturgy Of The Black”, un album a cavallo tra black metal prima ondata, doom ed heavy che riprendeva la lezione dei vari Death SS, Mercyful Fate, Mortuary Drape e compagnia oscura, senza cadere in sterili imitazioni e riuscendo a suonare fresco e malvagio come poche volte capita di sentire. Dopo un paio di split con i nostrani Coven Of Impurity e gli olandesi Bezwering e una demo live rilasciata soltanto in cassetta, la formazione italo-danese arriva, sempre sotto le ali protettive della Iron Bonhead Productions, a un secondo lavoro in studio, “The Astral Gloom”, che prosegue sulla falsariga del debutto, accrescendone, però, quelle atmosfere di sapore arcano tanto care ai padovani Abhor e ai bavaresi Baxaxaxa. Del resto, una band imperniata su A.Th dei Black Oath, qui in veste di chitarrista, bassista e tastierista, e Ustumallagam, singer dei minacciosi Denial Of God, non poteva che realizzare un disco tenebroso, nel quale una musica del destino à la Abysmal Grief e un metallo nero di marca Celtic Frost si ibridano a vicenda, pervenendo a un risultato sinistro, eppure contagioso, grazie a una sotterranea vena rock che attraversa i gangli del lotto, con un appetitoso piglio occulto di taglio settantiano a corredo. Che dire, avanti così!

Tracce consigliate: “The Fathomless Dark”, “Under A Lunar Spell”, “The Valley Of Megiddo”

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Tumulation – Haunted Funeral Creations (Hammerheart Records)

I Tumulation di San Diego sono un trio composto da tre quarti dei Conjureth, già insieme negli ormai dismessi Ghoulgotha e che, ora, esordiscono sulla lunga distanza con un “Haunted Funeral Creations” esemplificativo sin dal titolo. Il gruppo, sulla scorta della cifra stilistica delle band madri, propone un death-doom dalle venature sludge, torbido e sporco quanto basta per evocare gli spettri maligni di Hooded Menace, primi Paradise Lost e Temple Of Void versione “Of Terror And The Supernatural” (2014). Saturo di colossali suoni paludosi, il disco sembra sgretolarsi sotto il peso dei suoi stessi mastodontici riff, tenuti insieme quasi esclusivamente dagli occasionali passaggi melodici riscontrabili negli assoli di FS. In altri momenti, invece, i pezzi paiono barcollare più velocemente verso la propria implosione, soprattutto quando il metallo della morte si insinua, subdolo e brutale, nella massa vischiosa che ogni cosa soffoca e ammorba. A coronare l’atmosfera di disagio, nella seconda parte del disco, pensano una serie di sample tratti dalla Trilogia Di Karnestein, produzione della Hammer Film Productions dell’inizio degli anni ’70, rilettura cinematografica del personaggio vampiresco di Carmilla, diventata, col tempo, un cult movie tra i fanatici degli horror d’antan. Un debutto suggestivo, dunque, per un gruppo piuttosto esperto che, in futuro, potrebbe regalarci ulteriori e lugubri soddisfazioni.

Tracce consigliate: “Shattered Under The Eclipse”, “Astral Sickness”, “Rorschach”

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