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Plaguemace – Reptilian Warlords

Dopo il crudele e blasfemo EP d’esordio “Primal Priest”, pubblicato in maniera indipendente nel 2020, i Plaguemace giungono, oggi, all’esordio sulla lunga distanza forti di un’etichetta del calibro della Napalm Records. Aspetto, quest’ultimo, che stupisce davvero poco visto il desiderio affannoso delle label di cavalcare l’onda estrema del momento, patrocinando i vari, e non di rado discutibili, Celestial Sanctuary, Creeping Death, Frozen Soul, Sanguisugabogg, giovani gruppi tesi a modernizzare il death metal attraverso una riproposizione quasi filologica di vecchi stilemi euroamericani. In “Reptilian Warlords”, i danesi abbracciano, bene o male, la medesima strategia doppiogiochista, benché il songwriting obliquo e un concept demenziale su delle lucertole che si ribellano sanguinosamente agli uomini paleolitici li rendano decisamente più eccentrici – e interessanti – rispetto ai loro coetanei.

Un metallo della morte, dunque, che, nonostante si nutra in abbondanza delle antiche lezioni di Cannibal Corpse, Grave, Entombed e Obituary, elegge come proprio mantra sonoro la ricerca, a ogni costo, di un groove’n’roll da mattatoio industriale, utilizzando spesso e volentieri vettori semiestranei (black, doom, thrash) per raggiungere lo scopo sperato, anche se tale coraggio compositivo non sempre conduca a esiti convincenti al massimo grado. Che si tratti della brutale esplosività a stelle e strisce di “Cannabalicious”, delle chitarre a motosega di “Impenetrable Leather”, della pachidermica, ma bellicosa ritmica di “Rhythmic Demise”, della strana accoppiata di riff sabbathiani e blast beat à la Gorgoroth di “Among The Filth Final”, il quintetto prova di continuo ad assestare il colpo a effetto, infettando i tòpoi del genere anche per mezzo di orecchiabili insufflazioni rock (“Reptilian Warlords”).

“Misanthropical Breed” e “Carnivore”, circondano, fra pestaggi spaccacranio ed ettolitri di vomito caldo, “Ambrosia”, un velenoso incubo di nove minuti intriso di bile nera, lead lisergici, cadenze limacciose e accelerazioni bisunte: pezzo certo ambizioso, debitore tanto delle mefitiche nefandezze  degli Asphyx quanto della lercia cattiveria degli High On Fire, che mostra, però, alcune sfilacciature interne, oltre a risultare un po’ out of context in un lotto nel quale non si richiedono attese da anticamera papale. Curiosi e dall’allure kitsch, invece, gli interludi “Cavedweller’s Solliloquy” e “Warcries From The Crypt”, l’uno in cavernicolo spoken word, l’altro trasudante un’atmosfera jazzy per l’impiego simultaneo di tromba e trombone, acerbe bizzarrie di una formazione che pare disporre, comunque, di armi tecniche e compositive di buona levatura. E con in aggiunta un growling, quello di Andreas Truelsen, da troglodita neandertaliano satollo di idromele e carne di mammut.

“Reptilian Warlords” rappresenta un discreto debutto per dei Plaguemace che vanno a ingrossare una scena locale in assidua crescita, con Baest, Phrenelith, Undergang e compagnia a reggere il sordido moccolo. I ragazzi ci sanno fare e sciorinano una grande dose di autoironia, ma occorre una messa a punto del motore per evitare di andare sin troppo fuori giri. Nel frattempo, escape the beasts!

Tracklist

01. Cannibalicious
02. Impenetrable Leather
03. Cavedweller’s Solliloquy
04. Rhythmic Demise
05. Warcries From the Crypts
06. Among the Filth
07. Reptilian Warlords
08. Misantropical Breed
09. Ambrosia
10. Carnivore

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